LA SALA DEL CAPITOLO E I REFETTORI
La Sala del Capitolo, uno degli ambienti di maggior spicco tra quelli edificati nei lavori di ampliamento del convento di San Domenico Maggiore avviati dal priore Ruffo, fa parte del percorso completo del Museo San Domenico Maggiore, ma non è sempre disponibile per la visita, poiché a volte ospita mostre ed eventi del Comune di Napoli.
La decorazione del Capitolo con l’immensa scena del Calvario sulla parete di fondo, i quattro riquadri della volta con Scene della Passione di Cristo, le otto scene più piccole con i Misteri della Passione e dieci tondi con angioletti recanti i Simboli del martirio di Cristo venne ultimata da Ragolia nel 1678.
La statica del Capitolo apparve gravemente compromessa sin dal 1686 dal peso del sovrastante dormitorio dei monaci, che causò distacchi in più parti degli stucchi determinando anche il crollo delle parti centrali degli affreschi alla fine dell’Ottocento, che vennero a quei tempi estesamente ridipinti. Un doppio ordine di sedili riccamente intagliati decorava le pareti dell’ambiente destinato ad accogliere i frati nei momenti più importanti della vita comunitaria.
IL GRANDE REFETTORIO. Il Refettorio venne eretto sugli spazi dell’antica infermeria del convento durante i lavori di ampliamento e ristrutturazione avviati da Fra’ Tommaso Ruffo dei duchi di Bagnara, priore di San Domenico dal 1668 al 1672.I lavori, iniziati nel 1669, si protrassero anche dopo il priorato di Ruffo, determinando l’edificazione di spazi caratterizzati da un imponente impianto architettonico.
Tra questi spicca per le considerevoli dimensioni questo ambiente, destinato ad accogliere tra il Seicento e il Settecento oltre cento frati, decorato sulla parete di fondo da una prospettiva ad affresco che, come attestano i documenti, fu dipinta nel 1675 da Arcangelo Guglielmelli, noto oltre che come architetto anche come autore di decorazioni murali prospettiche in importanti chiese napoletane. Al centro della scenografia del Guglielmelli è l’Ultima Cena, mentre alla fine dell’Ottocento fu aggiunta sullo sfondo la scena dell’Andata al Calvario. Sull’ingresso è il dipinto murale raffigurante San Tommaso in preghiera di fronte al Crocifisso, firmato dal poco noto pittore Antonio Rossi d’Aversa e datato 1727.
Alle pareti laterali del Refettorio vi erano due lunghe tavole da pranzo con sedile in piperno decorato da una spalliera in legno intagliato che rivestiva le pareti; ai lati dell’ingresso due grandi lavamani in marmo bianco bardiglio, realizzati nel 1675 dal marmoraro Giovanni Camillo Ragozzino. Di questi arredi non restano tracce, andarono perduti negli anni successivi alla soppressione avvenuta nel 1865 quando i frati vennero allontanati dal convento per vent’anni e questo ambiente, assieme a quelli attigui venne dapprima adibito a deposito e successivamente occupato assieme dalla Corte d’Assise fino ai nostri anni ’90.
IL PICCOLO REFETTTORIO. Accanto al Grande Refettorio c’è il Piccolo Refettorio che era destinato ai frati infermi, anch’esso realizzato nei lavori di ampliamento del convento avviati nel 1669 dal priore Tommaso Ruffo. L’ambiente, che oggi appare completamente spoglio, presentava come il grande Refettorio tavoli e sedili lungo le pareti con una spalliera decorata da cariatidi e mensolette. Completavano la decorazione dell’ambiente una grande tela raffigurante San Domenico a mensa con i frati servito dagli angeli sulla parete di fondo e dieci quadri alle pareti laterali.
LA SALA DELLA EX BIBLIOTECA. Considerata fin dal XV secolo una tra le più importanti biblioteche napoletane, la “Libraria” di San Domenico Maggiore si era arricchita nel corso del tempo grazie a donazioni e acquisizioni di privati e di frati del convento. Ospitata in una grande sala al primo piano del convento, accanto alla Cella che era stata di San Tommaso, la biblioteca era stata arricchita agli inizi del Cinquecento dal fondo di Gioviano Pontano, donato dalla figlia dell’illustre umanista.
Durante la seconda metà del Cinquecento frequentarono la Libraria di San Domenico due illustri confratelli, Giordano Bruno e Tommaso Campanella. La raccolta libraria, che si andò ad incrementare notevolmente nel corso del tempo comprendeva, accanto a quattro scritti dello stesso Pontano, manoscritti dell’Eneide e dell’Odissea, opere di Senofonte e di Aristotele, le commedie plautine, il De arte amandi di Ovidio, testi di Cicerone, le Epistole di Seneca, il De Trinitate e le Homiliae di Sant’Agostino; tra le opere a stampa figurava la Metafisica di Aristotele.
Nel 1685 il consiglio conventuale aveva affidato i lavori di trasformazione del convento all’architetto Francesco Antonio Picchiatti, incaricandolo di rifare la biblioteca “tutta di nuovo a lamia”; l’imponente impianto dell’ambiente rispecchia totalmente le caratteristiche del linguaggio architettonico di Picchiatti che condusse i lavori di trasformazione del convento fino al 1694 .
A seguito delle soppressioni del 1809 e del 1865 i volumi della “Libraria” vennero in parte dispersi e in parte confluirono nelle raccolte della Biblioteca Nazionale e della Biblioteca Universitaria. La sala, oltre a contenere le scansie per i libri e i leggii era decorata da una serie di grandi dipinti inseriti nelle incorniciature ovali alle pareti.